La misteriosa Cappella di San Giulio
Maccagno Imperiale, Chiesa di S. Stefano
Testo e ricerche di Federico Crimi
Foto Daniela Domestici
Testo e ricerche di Federico Crimi
Foto Daniela Domestici
La Chiesa di S. Stefano, parrocchiale di Maccagno Imperiale, fu ricostruita dal 1764 nelle forme attuali, senza apparentemente risparmiare dell’edificio antico (documentato nel XIII sec., ma certamente di remota fondazione) che poche tracce. Dietro l’altare rimane una Madonna con Gesù Bambino, già segnalata da tempo.
Fu dipinta dalla bottega di Antonio da Tradate attorno al 1513.
Per il resto, le condizioni della Chiesa prima del rifacimento sono note per via documentale: entro il 1596 l’ingresso era già stato spostato a oriente (con altare maggiore a occidente); pochi decenni prima era stato creato un altare laterale dedicato a S. Caterina, collocato dove oggi è la sacrestia; la sacrestia “vecchia” si apriva invece sul lato opposto all’odierna. Tutti ambienti scomparsi, come il campanile medievale (se mai vi fu), sostituito da quello seicentesco.
Eppure, ad un’attenta analisi, molto è rimasto.
Innanzi tutto le murature perimetrali del presbiterio, rialzate nel ’700 e ancora individuabili; quindi, dietro una porticina a lato dell’altare maggiore, la sacrestia “vecchia” che, sostituita dalla “nuova” creata a discapito della cappella di S. Caterina, fu trasformata in una ricca scenogra a di stucchi e pitture in onore di S. Giulio.
Secondo Leopoldo Giampaolo, il culto di S. Giulio fu introdotto a Maccagno dal parroco Giovan-ni Francesco Guizzetto, in carica tra 1641 e 1685; lo studioso ricordava anche gli atti della visita del card. Federico Visconti (1683), l’unica a documentare nella Chiesa antica un altare in onore del santo che, insieme al fratello Giuliano, fu leggendario evangelizzatore del lago d’Orta e del basso Verbano nel IV sec.
Con la ricostruzione, la cappella fu ridotta a magazzino; ma sopravvive e rappresenta una preziosa testimonianza delle fasi edilizie e spirituali più remote del luogo sacro.
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